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a cura di Sergio Pacillo
1^ stesura: 30/07/2008
ultima rivisitazione: 08/12/2010
è necessario ridare la scala mobile ai lavoratori

Con il termine di SCALA MOBILE (o CONTINGENZA) si indica quel meccanismo che dal 1957 al 1992 ricalcolava automaticamente le retribuzioni dei lavoratori al variare dell'inflazione.

 

Essa serviva quindi a difendere il potere d’acquisto delle retribuzioni,  tamponando sostanzialmente i danni causati dall’aumento del costo della vita.

 

In realtà la scala mobile aveva già avuto un periodo applicativo dal 1946 al 1949 e dal 1951 al 1957 secondo meccanismi un po' complessi e non sempre automatici.

 

Forse quasi tutti sanno che la scala mobile è stata definitivamente soppressa per i lavoratori, ed esattamente con la firma del protocollo d'intesa tra il Governo Amato I e le parti sociali avvenuta il 31 luglio 1992.

Invece, sicuramente, non tutti sanno che questa benedetta scala mobile, aggiornata ogni mese con l'inflazione corrente, è rimasta invariata per alcune categorie, quali politici, magistrati, giornalisti, e pensionati con reddito maggiore di 5 volte la pensione sociale INPS.

In quel lontano 1957, al momento dell’entrata in vigore della scala mobile gli scioperi si erano protratti per quasi un mese. Mio padre fu tra quelli che vi avevano aderito.  Per un mese, praticamente, rimase senza stipendio. Tirò avanti proprio a stento, ma, al termine, poté esclamare: “Ecco, finalmente un po’ di sicurezza per il futuro. Potrò fare studiare i miei figli e accarezzare qualche progetto per la casa".

Trentacinque anni più tardi, nel 1992, la scala mobile, in seguito alla tesi che fosse causa d'inflazione e della spirale dell’aumento dei prezzi, fu definitivamente abolita. (1)

Si sostenne anche che l’aumento salariale non comportasse una variazione della base monetaria, ma solo una riduzione dell'utile delle imprese, perché quest'ultimo veniva ridistribuito "ingiustamente" tutto tra i lavoratori.

Il protocollo di abolizione del 31 luglio era stato inutilmente preceduto da scioperi e manifestazioni sotto lo slogan “la scala mobile non si tocca”.

Contro il protocollo si erano schierati inutilmente anche diversi economisti, ritenendo che l'aumento dei prezzi dipendesse unicamente dall’aumento dell'offerta di moneta ed escludendo di conseguenza un legame tra la scala mobile e l’inflazione.

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I sindacati ufficialmente avevano mobilitato i lavoratori ma sotto banco avevano già condiviso la grande orchestrazione, inventandosi per ultimo la concertazione obbligata, che in realtà mirava a rafforzare il loro potere contrattuale e ad abolire tutti i meccanismi automatici.

I segnali che i sindacalisti stessero facendo uno strano gioco furono sin troppo evidenti.

Franco Marini, per i suoi grandi meriti e senza colpo ferire, l’anno  precedente era stato "promosso" da segretario generale della CISL a ministro del Lavoro sotto il VII governo Andreotti. (2)

Giorgio Benvenuto nel 1992 da segretario della UIL fu premiato con la carica di Segretario Generale del Ministero delle Finanze. (3)

Ottaviano del Turco, firmatario del protocollo, passò prima alla guida dello PSI e poi fondò lo SDI, venendo eletto alla Camera nel 1994. (4)

Bruno Trentin, forse preso da scrupoli, si dimise da segretario generale della CGIL appena dopo la firma del protocollo del 23 luglio 1993. (5)

Mio padre, operaio delle ferrovie ormai in pensione, venne a trovarmi a casa, un po’ demoralizzato e un po’ arrabbiato con me, che svolgevo intensa attività sindacale, e mi disse: “Quella benedetta scala mobile mi ha permesso di mandarvi a scuola e comprare una casa. Con il tuo solo stipendio, forse riuscirai a mandare i figli a scuola ma difficilmente riuscirai a comprarti una casa”.

E' importante capire che la tutela del potere di acquisto dei salari mediante il ripristino del meccanismo automatico della scala mobile non riguarderebbe solo il benessere individuale dei lavoratori e che esso inciderebbe positivamente sulla economia dell'intero paese.

E' corretto fissare intorno al 50% del PIL la quota di reddito nazionale destinata al lavoro dipendente, così come avviene nel resto dell’Europa. Diversamente si corrono seri rischi facendo inceppare il ciclo produzione-consumi. (6)

In Italia, nel 1992 questa percentuale era  già bassa, intorno al 44%, ma ora è scesa  ulteriormente al 41%: la più bassa d'Europa.

In realtà la ricchezza nazionale si sta trasferendo dai salari alle rendite e ai profitti, e, mentre la ricchezza dei salari riesce a trasformarsi "tutta" in consumi, l'altra, quella delle rendite e dei profitti, bloccando inesorabilmente il ciclo produzione-consumi, non fa altrettanto e, oltre ad essere un danno alle famiglie dei lavoratori, è un danno all'intera nazione.

Concludendo, il ripristino della scala mobile non solo non genererebbe inflazione, che è dovuta ad altri fattori come dimostra l'evolversi di questi ultimi anni, ma, oltre che a garantire il potere di acquisto dei salari dei lavoratori, eviterebbe l'accumulo di ricchezza inutilizzata, portando così indiscutibili vantaggi all'economia produttiva dell'intera nazione.

 

Riferimenti

 

(1) http://it.wikipedia.org/wiki/Scala_mobile_%28economia%29

(2)http://it.wikipedia.org/wiki/Governo_Andreotti_VII

(3) http://it.wikipedia.org/wiki/Giorgio_Benvenuto

(4) http://it.wikipedia.org/wiki/Ottaviano_Del_Turco

(5)http://it.wikipedia.org/wiki/Bruno_Trentin

(6) http://legislature.camera.it/_dati/leg13/lavori/stampati/sk0500/relazion/0083.htm


da Youtube:
disoccupazione alle stelle

da Youtube: precari da salvare