Il bilancio dello Stato è il documento contabile da approvare con scadenza annuale, in cui sono indicate le entrate derivanti dalle
imposizioni fiscali e le uscite dell’amministrazione statale, cioè la la spesa pubblica.
Il bilancio di competenza indica l'ammontare
delle spese che lo Stato prevede di dover pagare e delle entrate che prevede di poter riscuotere nell’anno di riferimento.
Il bilancio
di cassa indica invece le spese effettivamente liquidate e le entrate effettivamente incassate.
Il bilancio ha diverse funzioni:
contabile, di garanzia, politica, giuridica ed economica.
Si parla di deficit o disavanzo pubblico quando la spesa pubblica non è coperta
interamente dalle entrate, in altre parole quando le uscite superano le entrate.
Al contrario, si parla di avanzo pubblico o surplus
quando le entrate superano le spese.
L’avanzo pubblico va distinto dall’avanzo primario, che considera la differenza tra entrate ed
uscite al netto della spesa per interessi sul debito pubblico.
Nel recente vertice di Bruxelles del 9 dicembre è stato praticamente deciso che ogni paese aderente all’accordo dovrà
introdurre nella propria costituzione il pareggio di bilancio. [1]
Il 30 novembre l'Aula della Camera, con 464 voti a favore e 11 astenuti, aveva già approvato il testo che introduce in Costituzione il principio del pareggio di bilancio. [2]
Secondo
qualcuno, questo voto ha rappresentato una prova di maturità e consapevolezza del ruolo centrale che il Parlamento é chiamato ad esercitare
e rafforza la credibilità dell'Italia dinanzi ai mercati e alle istituzioni internazionali.
Il Presidente del Consiglio si compiace,
giustamente, perché così si dimostra la ferma volontà del Parlamento e di tutto il Paese nel proseguire sulla strada del risanamento.[3]
Io, benché condivida con Monti che tutto il Paese ha una gran voglia di proseguire sulla strada del risanamento, sono parimenti
convinto che non stiamo affatto sulla strada giusta.
Le mie conoscenze di macroeconomia mi ricordano che in caso di crescita lenta
del PIL (inferiore al 4% annuo), di crisi economica o addirittura di recessione, una spesa pubblica in disavanzo riesce a favorire
una crescita del PIL, soprattutto se accompagnata da un alleggerimento della pressione fiscale. [4]
Di conseguenza sono convinto che
il sancire nella costituzione il pareggio di bilancio, accompagnandolo ad un ulteriore aumento della pressione fiscale, non favorirà
alcuna crescita economica.
Se questa mia opinione dovesse valere poco, leggiamo cosa affermano autorevoli economisti come Ruggero Paladini,
professore di Scienze delle Finanze presso la facoltà di giurisprudenza, Università "La Sapienza" di Roma:
“…..Il vincolo di pareggio
del bilancio ha effetti perversi, cioè, come diciamo noi economisti, è pro-ciclico. Quando l’economia rallenta o addirittura arretra,
le imposte flettono e la spesa per ammortizzatori sociali aumenta; si mettono in moto i c.d. stabilizzatori automatici. Se viene
imposto l’obbligo del pareggio, nel momento in cui calano, le entrate è necessario tagliare le spese, determinando un’ulteriore caduta
del reddito. Si pensi a quello che avviene proprio ora sotto i nostri occhi: le politiche restrittive messe in atto da tutti
contemporaneamente spingono verso la recessione e innestano un circolo perverso.” [5]
e Giorgio La Malfa, professore ordinario di Politica
Economica nell'Università degli Studi di Catania, in aspettativa per mandato parlamentare:
“Sono pienamente convinto della necessità
di una rigida disciplina delle scelte di bilancio. Ma la formula scelta dall’Europa, e da noi supinamente accolta, è sbagliata. Il
vincolo del pareggio di bilancio va posto sulla spesa corrente… Ma questo divieto non può valere, e non deve valere in linea generale,
per le spese di investimento. Esse servono a migliorare la produttività futura di un sistema economico: le strade, le scuole, le reti
di comunicazione e così via.” [6]
Secondo l'economista John Kenneth Galbraith, uno dei cinque fattori di debolezza responsabili
della crisi americana del 1929 che diede origine alla grande depressione economica, fu proprio il perseguimento ossessivo del pareggio
di bilancio e quindi l’assenza di un intervento statale, considerato un fattore penalizzante per l'economia. In questi termini mi
preoccupa moltissimo che la decisione del Consiglio Europeo del 9 dicembre scorso di obbligare al pareggio o all’avanzo i bilanci
generali delle amministrazioni pubbliche possa rappresentare l’anticamera di una nuova depressione economica di vaste proporzioni.[7]
Otto autorevoli economisti americani, tra cui cinque premi Nobel, Kenneth Arrow, Alan Blinder, Peter Diamond, Eric Maskin, William
Sharpe, Robert Solow, Charles Schultze e Laura Tyson, hanno firmato un appello al presidente Obama, manifestando la loro contrarietà
al pareggio di bilancio in costituzione, sostenendo, tra l’altro:
“Un emendamento sul pareggio di bilancio genererebbe effetti perversi in
caso di recessione. Durante le crisi economiche, diminuisce il gettito fiscale e aumentano alcune spese tra cui i sussidi di disoccupazione.
Questi ammortizzatori sociali fanno aumentare il deficit, ma limitano la contrazione del reddito disponibile e del potere di acquisto.
Chiudere ogni anno il bilancio in pareggio aggraverebbe le eventuali recessioni.” [8]
“E’ pericoloso tentare di riportare il bilancio
in pareggio troppo rapidamente nell’attuale fase economica. I grossi tagli di spesa e/o gli incrementi delle tasse che sarebbero necessari,
danneggerebbero enormemente una ripresa già di per sé debole”. [9]
“Non c'è bisogno di mettere la nazione in una camicia di forza economica.”
[2] http://www.camera.it/Camera/view/doc_viewer_full?url=http%3A//www.camera.it/_dati/leg16/lavori/stenografici/sed555/SINTERO.pdf&back_to=http%3A//www.camera.it/417%3FidSeduta%3D555%26resoconto%3Dallegato_a