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s. Gennaro,vescovo di Benevento
a cura di Sergio Pacillo
(1^ stesura: 26/01/2012)
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da Google Mapps: ritaglio di immagine di via s. Gennaro,Benevento
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 Publius Faustus Ianuarius nacque a Benevento il 21 aprile dell’anno 272, dall’arconte Publius Stefanus Ianuarius, d’origine romano-napoletana, e dalla moglie Teonora (o Eusebia). Secondo la tradizione locale, costante nel tempo, la sua casa natale ha sfidato miracolosamente il tempo, resistendo ai numerosi eventi bellici e terremoti (in particolare quello del 1688 che distrusse quasi tutte le abitazioni del circondario). Per l’esattezza, la sua presunta casa natale è situata in una costruzione ad Arco nelle vicinanze del Duomo, che i Beneventani continuano a chiamare “Arco di San Gennaro” (1).

 Disegno di Giuseppe Di Marzo:

Benevento, Arco di s. Gennaro (interno)

   Il nostro Gennaro, deciso ad abbracciare la vita sacerdotale sin dal 284, incominciò ben presto a mettersi al servizio dei servi nel ricco palazzo del padre. In quell’anno, caratterizzato da una forte recessione dovuta alla stagnazione economica derivante dall’anarchia militare, saliva al trono Diocleziano, l’artefice di una delle persecuzioni più efferate contro i cristiani, di cui fu vittima anche il nostro Gennaro (2).

   Ordinato sacerdote il 24 maggio del 302 e divenuto strumento di miracoli del Signore, tanto in Città quanto in Campania, il 27 dicembre di quello stesso anno fu consacrato vescovo di Benevento dal papa Marcellino (294-304), andando ad occupare la cattedra lasciata dal vescovo Deodato (Adeodato), passato a glorificare il Signore nell’unione dei Santi (3).

In quegli anni, s. Modestino, s. Flaviano e s. Fiorentino, partiti da Antiochia per sfuggire alle persecuzioni di Diocleziano, erano giunti in finibus castri Mercuriani in loco ubi dicitur Praterium, nei pressi dell’odierna Mercogliano nei dintorni d’Avellino, dove già da qualche tempo predicava s. Ippolisto (4).

Domenichino, Napoli, Cappella del Tesoro:

s. Gennaro abbraccia il diacono Sossio

Nel 303 il nostro giovane vescovo, venuto a conoscenza che il diacono Sossio della chiesa di Miseno era stato colpito dall’editto di persecuzione di Diocleziano per aver osteggiato il culto della Sibilla Cumana, si mise subito in viaggio in compagnia del diacono Festo e dal lettore Desiderio, per raggiungere Pozzuoli. Sossio, messo a conoscenza dell’arrivo dei tre, andò subito a trovarli, ma, sebbene avesse usato grande discrezione, venne scoperto ed arrestato per ordine del giudice Draconzio. La stessa sorte toccò poi a Gennaro, a Festo e a Desiderio, quando, durante una visita fatta in carcere, dovettero confessare la loro fede religiosa. Rimasti fedeli all’amore per Cristo, si rifiutarono di sacrificare agli dei e perciò furono condannati tutti e quattro, dapprima ad essere sbranati dagli orsi nell’anfiteatro di Pozzuoli e poi  alla decapitazione: la sentenza fu eseguita il 19 settembre dell’anno 305 nel Foro Vulcano alla Solfatara di Pozzuoli, mentre era governatore della Campania il preside Timoteo (5).

Il diacono s. Procolo ed i laici ss. Eutiche(te) ed Acu(n)z(i)o protestarono per l’iniqua sentenza ma furono condannati a subire la stessa sorte. Fu loro compagno di martirio anche il diacono beneventano Stefano (6).

Nella stessa giornata, a Benevento,  la madre di s. Gennaro (Teonora), ebbe in visione la salita al Cielo del figlio e, postasi in ferventissima preghiera, riconsegnò anche lei lo spirito a Dio (7).

Finoglio (chiostro di Conversano):

 il martirio di S. Gennaro

   Alla notizia, il nobile beneventano Cisio, benché pagano, mandò un suo fidato a prendere i corpi dei Santi, facendo voto che, se avesse avuto figli per loro intercessione, si sarebbe battezzato insieme ai suoi familiari. Il corpo di s. Gennaro era stato già trasportato a Napoli e sepolto nella discussa località dell’agro Marciano, villaggio rurale della gente Marcia (potente finanche a Pozzuoli) ubicato pressappoco nella zona di Fuorigrotta dove ai nostri giorni sorgono lo stadio S. Paolo ed il centro di produzione della RAI. Perciò gli incaricati di Cisio potettero portare a Benevento solo i corpi di s. Festo e s. Desiderio, che ricevettero sepoltura con tutti gli onori. Dopo qualche tempo, Cisio ebbe i figli desiderati, si battezzò come aveva promesso e per riconoscenza fece costruire una Chiesa in loro onore nel luogo dell’attuale tempietto di S. Lucia lungo la via S. Pasquale (8).

Qualche anno più tardi (305) Diocleziano, l’imperatore asceso al potere nell’anno di nascita del nostro Santo, abdicò senza alcuna ragione apparente.

    Nel 325 le spoglie di s. Gennaro ebbero una prima traslazione nella Chiesa napoletana  extra moenia, dedicata in suo onore, e lì rimasero fino al 431 (o forse solo fino al 414), quando il 13 aprile il vescovo s. Giovanni I le trasportò nelle catacombe napoletane di Capodimonte, in un sepolcreto gentilizio della famiglia Ianuaria, presso la tomba del vescovo s. Agrippino. Durante quella traslazione, la pia donna Eusebia (o Cristina) donò al vescovo alcune ampolline contenenti il sangue del Santo, che  si scolse per la prima volta (9).

I Beneventani cercaronoo di riportare nella loro Città il corpo del Santo con Zottone nel 581 e con Arechi I nel 592 e nel 599, ma anche quest'ultimo tentativo fu energicamente respinto da Gotescalco (10) .

Alla fine del VII secolo il duca-vescovo di Napoli, Stefano II, sottrasse ai Puteolani i corpi di alcuni tra questi martiri e li trasferì a S. Stefania di Napoli (11).

Si racconta che agli inizi del IX secolo, durante l’assedio di Napoli posto da Sicone, s. Gennaro fosse comparso ad una donna napoletana, dicendole: “En migro de loco isto”,e che alla domanda dove intendesse andare, avesse risposto: “Beneventum; plebs enim mea est. Hanctenus pro Urbe hac deprecatus sum; sed ferre illorum malitiam non valeo, maximè cum super tumulum meum tot per juria perpetrent” (12).

Così, Sicone riuscì ad ottenere facilmente i resti mortali del nostro Santo e durante il tragitto della traslazione fino a Benevento, durato poco più di quattro o cinque ore, si avvertì un intenso e fragrante profumo (13).

Urna con i sacri resti di s. Gennaro

Collocate provvisoriamente nella chiesa dei SS. Festo e Desiderio in una tomba sulla quale il principe Sicone, riverente, aveva posto la sua corona aurea adorna di pietre preziose (valutata tremila soldi), finalmente il 23 ottobre dell’anno 831 quelle ossa furono sistemate dal vescovo Gutto in un edificio ubicato presso la Cattedrale e poi riposte sotto un altare della stessa. E qui esse rimasero. intensamente venerate. per molti decenni (famosa fu la devozione del principe Radelchi e di sua madre Caretrude, che spesso si rivolgevano al Santo nelle loro preghiere e nei loro carmi sepolcrali) fino a quando nel 1129 l’Arcivescovo Roffridus non le estrasse fuori e, dopo averle poste alla venerazione ed al bacio dei fedeli, non le collocò nella Basilica che l’Arcivescovo Gualtieri di Taranto aveva fatto appositamente costruire (14).

Dieci anni più tardi (1156) i resti di s. Gennaro, insieme a quelli di s. Festo e s. Desiderio, furono donati dal papa Adriano IV a Guglielmo il Malo, re di Sicilia, il quale  li fece trasportare a Montevergine, probabilmente per metterli al riparo dei frequenti saccheggi. Il papa con questo dono intendeva suggellare la pace con il Normanno che lo aveva tenuto sotto assedio nella città di Benevento. Ma è probabile che in quell’occasione alcune parti ossee del corpo di s. Gennaro fossero state trattenute dai Beneventani a protezione della Città e a prestigio delle autorità civili e religiose. Già nell’anno 852 i Beneventani avevano consegnato a Ludovico II, durante una sosta in Città, una parte della tibia del sacro corpo, che fu trasferita a Reichenau, sul lago di Costanza, dove il Santo venne venerato per molti anni con festa di precetto (15).

Nel 1305, in occasione nel primo millenario del martirio, il re di Napoli, Carlo II d’Angiò, fece donò al Duomo di Napoli un prezioso busto reliquario, perché vi si custodisse il sacro cranio, conservato da sempre dai Napoletani insieme a due ampolline di vetro contenenti il sangue raccolto al tempo del martirio. Il 17 agosto 1389 questo sangue passò per la primavolta dallo stato solido a quello liquido. Da allora questo fenomeno si è ripetuto in certe determinate occasioni ed è credenza popolare che l’assenza del miracolo possa preannunziare calamità o sciagure e che il ritrovamento allo stato liquido possa significare uno stato di particolare protezione e di benevolenza del Santo nei confronti del popolo napoletano (16).   

Nel frattempo nell’abbazia di Montevergine il corpo veniva tenuto nascosto in un luogo noto solo ad alcuni monaci, che conservarono il segreto fino al  1403, allorquando il frate Antonello da Candida, prima di morire, svelò il segreto all’abate Pandullo. Ed appunto nel 1480, con il suo ritrovamento durante l’esecuzione di lavori nella basilica abbaziale, venne confermato ciò che i frati ormai già sapevano. Poi nel 1494, da Montevergine, i resti ossei furono traslati di nuovo a Napoli ad opera del cardinale Oliviero Carafa, su ordine di suo fratello Alessandro, arcivescovo di Napoli, che gli era successo nella carica di abate. Ma anche in quell’occasione alcune parti del corpo dovettero rimanere a Montevergine. (17).

Pur tuttavia alcuni resti ossei, forse quelli che i Beneventani trattennero nel 1156, sono conservati tutt’oggi nella Cattedrale di Benevento, nella sesta delle venti urne plumbee, che il cardinale Orsini il 10 novembre 1687 pose in un sarcofago marmoreo insieme a molte altre reliquie. Una precedente ricognizione era stata fatta dal cardinale Arigonio nel 1608 (X Kalend. Aprilis). L’ultima ricognizione è stata fatta recentemente nel 1983, annunciata nella notte di Natale dall’Arcivescovo Carlo Minghiatti, a mo’ di riscoperta avvenuta il 19 dicembre ad opera dello storico don Giovanni Giordano, presidente della Commissione diocesana per i Beni Culturali (18).

 
Benevento, Palazzo Arcivescovile:
cassetta con reliquie di S. Gennaro

Reliquie di s. Gennaro sono sparse un po’ dovunque in Italia, come, per esempio, in una chiesa della frazione s. Gennaro, presso Lucca (19).

Il Sangue, invece, che si presenta normalmente allo stato solido in due ampolle di vetro racchiuse in un’unica teca conservata nella cappella del Duomo di Napoli, si scioglie ogni anno nei nove giorni avanti il Sabato antecedente la prima domenica di maggio, durante l’ottava, il 19 settembre ed il 16 dicembre (nella ricorrenza dell’eruzione del Vesuvio del 1631), cambiando colore, volume e, inspiegabilmente contro ogni legge della fisica, anche la massa (20).

Amatissimo dai Napoletani e considerato come il loro protettore principale, s. Gennaro viene particolarmente invocato dal popolo partenopeo contro le epidemie e contro le eruzioni del Vesuvio.

Difatti, quando, nel 471, un’esplosione del Vesuvio colpì la città di Napoli, i suoi abitanti attribuirono al nostro Santo la cessazione del pericolo. Altresì fu invocata la sua protezione nel 512, quando la forza devastatrice su tutto l’Agro vesuviano superò la violenza del 79 d.C., e il 16 dicembre 1631, quando la lava aveva già distrutto diverse città e rubato la vita a molte persone. In quell’occasione, alla richiesta d’intercessione, il Vesuvio smise miracolosamente di eruttare e, come d’incanto, la lava si fermò alle porte della capitale partenopea (21).

Eruzione del 1767: il  padre Rocco predica ai fedeli collocando la statua di s. Gennaro sul ponte della Maddalena

Analogamente accadde nel 1767, quando, a distanza di quasi un anno da una precedente eruzione, il giorno 19 dicembre la terra incominciò a tremare anche a Napoli. Il cono della montagna si aprì verso la cima ed incominciò a menar fuori copiosa lava, che, dopo sette giorni di ininterrotta attività, prese la direzione di S. Giorgio a Cremano, minacciando di  dirigersi verso la città. Cominciarono subito processioni e penitenze guidate dal frate Rocco Domenicano, il quale godeva di grande reputazione tra la gente. Il simulacro di s. Gennaro fu portato fino al ponte della Maddalena (cliccare per Google Mapps) ed allora parve che il fiume di lava si arrestasse. In memoria di questo avvenimento, all’ingresso del ponte fu installata una statua marmorea del nostro Santo, nell’atteggiamento, con la destra, di imporre alla lava di fermarsi (22).

   Rimane compatrono e protettore della Città di Benevento.



[1] Forte N., op. cit., p. 27; Pascarella Del Basso S., op. cit. pp. 7 e 8; Sarnelli P., op. cit., pp. 20, 21 e 163.

[2] Pascarella Del Basso S., op. cit. pp. 7 e 8.

[3] Pascarella Del Basso S., op. cit. pp. 9 e 10.

[4] Ciarlanti G. V., op. cit., p. 161; Della Pia S., op. cit., p. 41.

[5] B. S., op. cit., vol. VI, cl. 137; Forte N., op. cit., p. 24; Grassi F., I Pastori della cattedra di Benevento, op. cit., pp. 11 e 12; Pascarella Del Basso S., op. cit., p. 30; Rotili Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op. cit., p. 320.

[6] De Nicastro G., op. cit., p. 32/38; Pascarella Del Basso S., op. cit., p. 30; Rotili Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op. cit., pp. 313, 316 e 320; Sarnelli P., op. cit., p. 18.

[7] Sarnelli P., op. cit., p. 18; Ciarlanti G. V., op. cit., p. 158; Forte N., op. cit., p. 29.

[8] B. S., op. cit., cl. 141; D’Alessandro A. tip., op. cit., p. 3; De Nicastro G., op. cit., p. 50/45 (afferma che l’attuale chiesa di S. Lucia corrispondeva alla chiesa parrocchiale di S. Festo); Pascarella Del Basso S., op. cit., pp. 29 e 31; Ciarlanti G. V., op. cit. p. 158.

[9] B. S., op. cit., vol. VI, cll. 139 e 929; Grassi F., I Pastori della Cattedra Beneventana, op. cit., p. 12; Pascarella Del Basso S., op. cit., p. 29 (l’autrice fa intendere l’anno 331); Sarnelli P., op. cit., p. 18.

[10] Pascarella Del Basso S., op. cit., p. 30; Rotili Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op. cit., p. 19.

[11] Pascarella Del Basso S., op. cit., p. 30; Rotili Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op. cit., pp. 313, 316 e 320; Treccani, op. cit., vol. IV, p. 714, voce Festo, santo; Sarnelli P., op. cit., p. 18.

[12]  B. S., op. cit., vol. VI, cll. 141; Sarnelli P., op. cit., pp. 18, 45 e 96 (cita l’anno 825).

[13] Pascarella Del Basso S., op. cit., pp. 30 e 31.

[14] B. S., op. cit., vol. VI, cl. 141 (cita la chiesa di S. Maria di Gerusalemme); Borgia S., op. cit., vol. III, p. 67; Ciarlanti G. V., op. cit. p. 158;. Mainolfi P. M., op. cit., p. 15; Pascarella Del Basso S., op. cit., p. 31 Rotili Marcello, op. cit., p. 179; Sarnelli P., op. cit., pp. 18, 45 e 96 (cita l’anno 825).

[15] B. S., op. cit., vol. VI, cl. 141 (cita gli anni 1154 e 1497); B. S., vol. I, op. cit., p. 51; Grassi F., I Pastori della Cattedra Beneventana, op. cit., p. 12 (il Grassi anticipa la data all’anno 1054); Mainolfi P.M., op. cit., p. 16; Pascarella Del Basso S., op. cit., pp. 30, 31, 33, 34, 35 e 44; Rotili Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op. cit., pp. 33,  287 e 353; Sarnelli P., op. cit., pp. 18, 45 e 96; Vessichelli L., op. cit., p. 16.

[16] D’Alessandro A. tip., op .cit., pp. 9, 10, 11 e 14.

[17] B. S.,op. cit., vol. VI, cl. 141 (cita gli anni 1154 e 1497); B. S., vol. I, op. cit., p. 51; D’Alessandro A. tip., op .cit., p. 6 (si cita l’anno 1497 come quello della traslazione da Montevergine a Napoli); Grassi F., I Pastori della Cattedra Beneventana, op. cit., p. 12; Mainolfi P.M., op. cit., p. 16; Pascarella Del Basso S., op. cit., pp. 30, 31, 34, 35 e 44; Sarnelli P., op. cit., pp. 18, 45 e 96; Vessichelli L., op. cit., p. 16.

    La tesi secondo la quale alcune parti dei resti di s.Gennaro fossero rimaste a Montevergine è avvalorata dal fatto che nell’anno 1692 l’arcivescovo Orsini di Benevento ne acquistò una reliquia dai monaci verginiani e la fece apporre sul petto di una sua statua d’argento, che poi, un secolo più tardi, fu rubata dai Francesi

[18] De Nicastro G., op. cit., p. 5/19 e 5/20; Pietronigro A., op. cit., pp. 17 e 18; Sarnelli P., op. cit., pp. 20, 21 e 163.

[19] Forte N., op. cit., p. 7.

[20] B. S., op. cit., vol. VI, cll. 143, 144, 146, 147 e 148; Sarnelli P., op. cit., pp. 18 e 151.

[21] B. S., op. cit., vol.VI, cll. 143, 144, 146, 147 e 148; Bonechi, op. cit., fasc. 67, p. 114; D’Alessandro A. tip., op .cit., p. 16; Sarnelli P., op. cit., pp. 18 e 151.

[22] Palmieri L., op. cit., p. 26.

 

 

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s. Gennaro (272-305)

ACCADEVA IN QUEGL'ANNI

 

ANNO 272. Eolide (Asia Minore): il prefetto Rufo fa arrestare s. Quinto, accusato d’amare troppo i poveri. Poi, però, liberato da un’ossessione demoniaca, il prefetto lo lascia libero. Non appena Rufo viene sostituito, il suo successore, ricevuti atti d’accusa nei confronti del santo, lo invita a sacrificare formalmente agli dei. Per Quinto inizia la tortura e gli vengono spezzate le gambe. Ma, come, se nulla sia successo Quinto continua a camminare. Davanti al miracolo il prefetto è costretto a rilasciare il cristiano, che ancora per dieci anni percorrerà tutta l’Eolide, continuando a compiere miracoli.

ANNO 273. Roma: la regina Zenobia di Palmira viene relegata nella villa Adriana.

ANNO 275. L’imperatore Aureliano muore.

ANNO 283. Al papa s. Eutichiano succede Caio, d’origine dalmata e forse parente di Diocleziano.

ANNO 284. Sale al trono Diocleziano.

ANNO 285. Termina il periodo dell’anarchia militare incominciato nel 235, durante il quale Benevento ha attraversato una fase di forte stagnazione, come, del resto, le altre città dell’impero. Di conseguenza Inizia un periodo di grave recessione, conformemente alla situazione di decadenza. Il fatto d’essere passaggio obbligato e di mediazione tra il versante tirrenico e quello adriatico, non riuscirà a giovare molto alla città di Benevento, che comunque continuerà a crescere in abitanti e in estensione.

ANNO 293. Al preside della Dalmazia, Flavius Valerius Constantius (forse anche prefetto del pretorio di Massimiano), nominato Cesare insieme a Galerio, vengono affidate la Gallia e la Britannia. Egli vincerà l’usurpatore Allecto e a più riprese i Franchi e gli Alamanni.

ANNO 295. 20 aprile: passaggio al perielio di una cometa (la futura di Halley).

ANNO 296. 22 aprile: il papa Caio, condannato alla decollazione, termina santamente i suoi giorni. Le motivazioni del decreto sono basate sul suggerimento che egli ha dato alla cugina Susanna di votarsi alla verginità.

30 giugno: al papa Caio succede il papa Marcellino.

Egitto: Diocleziano vince ed uccide Achilleo, luogotenente di Lucio Domizio Domiziano, usurpatore dell’autorità imperiale in Egitto da un anno.

ANNO 301. Un editto di Diocleziano fissa i costi dei prodotti di più largo consumo ed i salari più comuni.

Di conseguenza, premesso che: un moggio = 17,5 litri; un sestario = ½ litro; una libbra = 333 grammi; denario = unità monetaria, si ha che:

- un moggio di grano costa 100 denari;

- un moggio d’orzo costa 60 denari;

- un sestario di vino costa 30 denari;

- un sestario d'olio costa 40 denari;

- una libbra di maiale costa 12 denari;

- una libbra di bue costa 8 denari;

- un paio di sandali costa 100 denari;

- un tunica costa 2.000 denari;

- un mantello costa 4.000 denari;

- il salario di una giornata di lavoro di un bracciante, con vitto, vale 25 denari;

- il salario di una giornata di lavoro di un falegname, con vitto, vale 60 denari;

- il salario di una giornata di lavoro di un pastore, con vitto, vale 20 denari;

- il salario di un mese di lavoro di un maestro di lettere, per ragazzo, vale 50 denari;

- il salario di un mese di lavoro di un professore di greco e di latino, per ragazzo, vale 200 denari;

- il salario di un mese di lavoro di un maestro di aritmetica, per ragazzo, vale 75 denari;

- il lavoro di un avvocato per eseguire una causa giudiziaria vale 2.000 denari.

- il salario di una giornata di lavoro di un fabbro, con vitto, vale 50 denari;

ANNO 303. 24 febbraio: Diocleziano, nonostante che la moglie Prisca e la figlia Valeria abbiano stretti rapporti con i cristiani, emana l’editto di persecuzione dei cristiani.

Per sfuggire alle persecuzioni di Diocleziano, s. Modestino, s. Flaviano e s. Fiorentino, partiti da Antiochia, sono giunti in finibus castri Mercuriani in loco ubi dicitur Praterium, nei pressi della futura Mercogliano vicino ad Avellino.

ANNO 304. 1° gennaio, Roma: vengono martirizzati 30 soldato romani.

31 gennaio, Canopo (presso Alessandria d’Egitto): muore martire, mediante decapitazione, il medico cristiano Ciro, vissuto eremita nel deserto. Il suo corpo si ritroverà a Napoli a partire dal XVII secolo.

12 febbraio, Abitene (nei pressi di Cartagine): a seguito delle persecuzioni di Diocleziano, la vergine Restituta, originaria di Hippo-Diarrhytus [Biserta, nei pressi di Cartagine], viene condannata ad essere arsa viva su una barca spinta al largo affinché il mare la inghiottisca. Ma, appena dopo qualche giorno, la barca approda miracolosamente sul lido di Aenaria (la futura isola d’Ischia), dove la matrona romana Lucina, informata in sogno da un Angelo, raccoglie il corpo della fanciulla e provvede a seppellirlo. Le reliquie saranno successivamente trasferite a Napoli, nell'omonima basilica fatta costruire da Costantino, ma molte città, tra cui la stessa Benevento, insieme a Lacco Ameno, Cagliari, Sora, Cassino, L’Aquila, Soissons (in Francia), Anversa (in Belgio) e Cartagine (in Africa). La vergine, frequentatrice della casa di Ottavio Felice, arrestata, insieme ad una cinquantina d'altri cristiani, dai soldati del proconsole romano Proclino nel corso di una celebrazione eucaristica, era stata tradotta in carcere e sottoposta a sevizie.

15 dicembre: muore martirizzato il papa Marcellino. Seguirà una vacanza di quattro anni fino al 27 maggio del 308.


da Youtube: tratto dal film
Operazione san Gennaro
PREGHIERA A S.GENNARO
 
O glorioso Martire S. GENNARO, che, con l'esercizio continuo
di tutte le virtù cristiane,
attendeste alla santificazione
del gregge
affidato al vostro zelo pastorale
e di quanti vi conobbero.
Voi, che suggellaste,
 col vostro sangue generoso,
la fede di Gesù Cristo
 su questo colle,
dove ogni anno
vive il segno prodigioso
del vostro martirio
 e del vostro valido patrocinio; otteneteci la grazia
di praticare fedelmente
 i nostri doveri cristiani,
di confessare generosamente
la verità,
di amare sempre Gesù,
per assicurarci
con la vostra protezione,
 la gloria eterna del Paradiso.
.
(Padre nostro, Ave, Gloria)
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