Publius Faustus Ianuarius nacque a Benevento il 21 aprile dell’anno 272, dall’arconte Publius Stefanus Ianuarius, d’origine
romano-napoletana, e dalla moglie Teonora (o Eusebia). Secondo la tradizione locale, costante nel tempo, la sua casa natale ha sfidato miracolosamente
il tempo, resistendo ai numerosi eventi bellici e terremoti (in particolare quello del 1688 che distrusse quasi tutte le abitazioni
del circondario). Per l’esattezza, la sua presunta casa natale è situata in una costruzione ad Arco nelle vicinanze del Duomo, che
i Beneventani continuano a chiamare “Arco di San Gennaro” (1).
Benevento, Arco di s. Gennaro (interno) |
Il nostro Gennaro, deciso ad abbracciare la vita sacerdotale sin dal 284, incominciò ben presto a mettersi al servizio dei servi nel
ricco palazzo del padre. In quell’anno, caratterizzato da una forte recessione dovuta alla stagnazione economica derivante dall’anarchia
militare, saliva al trono Diocleziano, l’artefice di una delle persecuzioni più efferate contro i cristiani, di cui fu vittima anche
il nostro Gennaro (2).
Ordinato sacerdote il 24 maggio del 302 e divenuto strumento di miracoli del Signore, tanto in
Città quanto in Campania, il 27 dicembre di quello stesso anno fu consacrato vescovo di Benevento dal papa Marcellino (294-304), andando
ad occupare la cattedra lasciata dal vescovo Deodato (Adeodato), passato a glorificare il Signore nell’unione dei Santi (3).
In quegli anni, s. Modestino, s. Flaviano e s. Fiorentino, partiti da Antiochia per sfuggire alle persecuzioni di Diocleziano, erano
giunti in finibus castri Mercuriani in loco ubi dicitur Praterium, nei pressi dell’odierna Mercogliano nei dintorni d’Avellino, dove
già da qualche tempo predicava s. Ippolisto (4).
Domenichino, Napoli, Cappella del Tesoro: s. Gennaro abbraccia il diacono Sossio |
Nel
303 il nostro giovane vescovo, venuto a conoscenza che il diacono Sossio della chiesa di Miseno era stato colpito dall’editto di persecuzione
di Diocleziano per aver osteggiato il culto della Sibilla Cumana, si mise subito in viaggio in compagnia del diacono Festo
e dal lettore Desiderio, per raggiungere Pozzuoli. Sossio, messo a conoscenza dell’arrivo dei tre, andò subito a trovarli, ma,
sebbene avesse usato grande discrezione, venne scoperto ed arrestato per ordine del giudice Draconzio. La stessa sorte toccò poi a
Gennaro, a Festo e a Desiderio, quando, durante una visita fatta in carcere, dovettero confessare la loro fede religiosa. Rimasti
fedeli all’amore per Cristo, si rifiutarono di sacrificare agli dei e perciò furono condannati tutti e quattro, dapprima ad essere
sbranati dagli orsi nell’anfiteatro di Pozzuoli e poi alla decapitazione: la sentenza fu eseguita il 19 settembre dell’anno
305 nel Foro Vulcano alla Solfatara di Pozzuoli, mentre era governatore della Campania il preside Timoteo (5).
Il diacono s. Procolo ed i laici ss. Eutiche(te) ed Acu(n)z(i)o protestarono per l’iniqua sentenza ma furono condannati a subire la stessa sorte. Fu loro compagno di martirio anche il diacono beneventano Stefano (6).
Nella stessa giornata, a Benevento, la madre di s. Gennaro
(Teonora), ebbe in visione la salita al Cielo del figlio e, postasi in ferventissima preghiera, riconsegnò anche lei lo spirito
a Dio (7).
il martirio di S. Gennaro |
Qualche anno più tardi (305) Diocleziano, l’imperatore asceso al potere nell’anno
di nascita del nostro Santo, abdicò senza alcuna ragione apparente.
Nel 325 le spoglie di s. Gennaro ebbero una
prima traslazione nella Chiesa napoletana extra moenia, dedicata in suo onore, e lì rimasero fino al 431 (o forse solo fino
al 414), quando il 13 aprile il vescovo s. Giovanni I le trasportò nelle catacombe napoletane di Capodimonte, in un sepolcreto gentilizio
della famiglia Ianuaria, presso la tomba del vescovo s. Agrippino. Durante quella traslazione, la pia donna Eusebia (o Cristina) donò
al vescovo alcune ampolline contenenti il sangue del Santo, che si scolse per la prima volta (9).
I Beneventani cercaronoo
di riportare nella loro Città il corpo del Santo con Zottone nel 581 e con Arechi I nel 592 e nel 599, ma anche quest'ultimo
tentativo fu energicamente respinto da Gotescalco (10) .
Alla fine del VII secolo il duca-vescovo di Napoli, Stefano II, sottrasse
ai Puteolani i corpi di alcuni tra questi martiri e li trasferì a S. Stefania di Napoli (11).
Si racconta che agli inizi del IX secolo,
durante l’assedio di Napoli posto da Sicone, s. Gennaro fosse comparso ad una donna napoletana, dicendole: “En migro de loco isto”,e che alla domanda dove intendesse andare, avesse risposto: “Beneventum; plebs enim mea est. Hanctenus pro Urbe hac deprecatus sum;
sed ferre illorum malitiam non valeo, maximè cum super tumulum meum tot per juria perpetrent” (12).
Così, Sicone riuscì ad ottenere
facilmente i resti mortali del nostro Santo e durante il tragitto della traslazione fino a Benevento, durato poco più di quattro
o cinque ore, si avvertì un intenso e fragrante profumo (13).
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Collocate provvisoriamente
nella chiesa dei SS. Festo e Desiderio in una tomba sulla quale il principe Sicone, riverente, aveva posto la sua corona aurea adorna
di pietre preziose (valutata tremila soldi), finalmente il 23 ottobre dell’anno 831 quelle ossa furono sistemate dal vescovo Gutto
in un edificio ubicato presso la Cattedrale e poi riposte sotto un altare della stessa. E qui esse rimasero. intensamente venerate.
per molti decenni (famosa fu la devozione del principe Radelchi e di sua madre Caretrude, che spesso si rivolgevano al Santo nelle
loro preghiere e nei loro carmi sepolcrali) fino a quando nel 1129 l’Arcivescovo Roffridus non le estrasse fuori e, dopo averle poste
alla venerazione ed al bacio dei fedeli, non le collocò nella Basilica che l’Arcivescovo Gualtieri di Taranto aveva fatto appositamente
costruire (14).
Dieci anni più tardi (1156) i resti di s. Gennaro, insieme a quelli di s. Festo e s. Desiderio, furono donati dal papa Adriano IV a Guglielmo il Malo, re di Sicilia, il quale li fece trasportare a Montevergine, probabilmente per metterli al riparo dei frequenti saccheggi. Il papa con questo dono intendeva suggellare la pace con il Normanno che lo aveva tenuto sotto assedio nella città di Benevento. Ma è probabile che in quell’occasione alcune parti ossee del corpo di s. Gennaro fossero state trattenute dai Beneventani a protezione della Città e a prestigio delle autorità civili e religiose. Già nell’anno 852 i Beneventani avevano consegnato a Ludovico II, durante una sosta in Città, una parte della tibia del sacro corpo, che fu trasferita a Reichenau, sul lago di Costanza, dove il Santo venne venerato per molti anni con festa di precetto (15).
Nel 1305, in occasione nel primo millenario del martirio,
il re di Napoli, Carlo II d’Angiò, fece donò al Duomo di Napoli un prezioso busto reliquario, perché vi si custodisse il sacro cranio, conservato da sempre dai Napoletani insieme a due ampolline di vetro contenenti il sangue raccolto al tempo del martirio. Il 17 agosto
1389 questo sangue passò per la primavolta dallo stato solido a quello liquido. Da allora questo fenomeno si è ripetuto in certe
determinate occasioni ed è credenza popolare che l’assenza del miracolo possa preannunziare calamità o sciagure e che il ritrovamento
allo stato liquido possa significare uno stato di particolare protezione e di benevolenza del Santo nei confronti del popolo napoletano
(16).
Nel frattempo nell’abbazia di Montevergine il corpo veniva tenuto nascosto in un luogo noto solo ad alcuni
monaci, che conservarono il segreto fino al 1403, allorquando il frate Antonello da Candida, prima di morire, svelò il segreto
all’abate Pandullo. Ed appunto nel 1480, con il suo ritrovamento durante l’esecuzione di lavori nella basilica abbaziale, venne confermato
ciò che i frati ormai già sapevano. Poi nel 1494, da Montevergine, i resti ossei furono traslati di nuovo a Napoli ad opera del cardinale
Oliviero Carafa, su ordine di suo fratello Alessandro, arcivescovo di Napoli, che gli era successo nella carica di abate. Ma anche
in quell’occasione alcune parti del corpo dovettero rimanere a Montevergine. (17).
Pur tuttavia alcuni resti ossei, forse quelli che
i Beneventani trattennero nel 1156, sono conservati tutt’oggi nella Cattedrale di Benevento, nella sesta delle venti urne plumbee,
che il cardinale Orsini il 10 novembre 1687 pose in un sarcofago marmoreo insieme a molte altre reliquie. Una precedente ricognizione
era stata fatta dal cardinale Arigonio nel 1608 (X Kalend. Aprilis). L’ultima ricognizione è stata fatta recentemente nel 1983, annunciata
nella notte di Natale dall’Arcivescovo Carlo Minghiatti, a mo’ di riscoperta avvenuta il 19 dicembre ad opera dello storico don Giovanni
Giordano, presidente della Commissione diocesana per i Beni Culturali (18).
Reliquie di s. Gennaro sono sparse un po’ dovunque in Italia, come, per esempio, in una chiesa della frazione s.
Gennaro, presso Lucca (19).
Il Sangue, invece, che si presenta normalmente allo stato solido in due ampolle di vetro racchiuse in un’unica teca conservata nella cappella del Duomo di Napoli, si scioglie ogni anno nei nove giorni avanti il Sabato antecedente la prima domenica di maggio, durante l’ottava, il 19 settembre ed il 16 dicembre (nella ricorrenza dell’eruzione del Vesuvio del 1631), cambiando colore, volume e, inspiegabilmente contro ogni legge della fisica, anche la massa (20).
Amatissimo dai Napoletani e considerato come il loro
protettore principale, s. Gennaro viene particolarmente invocato dal popolo partenopeo contro le epidemie e contro le eruzioni del
Vesuvio.
Difatti, quando, nel 471, un’esplosione del Vesuvio colpì la città di Napoli, i suoi abitanti attribuirono al nostro Santo
la cessazione del pericolo. Altresì fu invocata la sua protezione nel 512, quando la forza devastatrice su tutto l’Agro vesuviano
superò la violenza del 79 d.C., e il 16 dicembre 1631, quando la lava aveva già distrutto diverse città e rubato la vita a molte persone.
In quell’occasione, alla richiesta d’intercessione, il Vesuvio smise miracolosamente di eruttare e, come d’incanto, la lava si fermò
alle porte della capitale partenopea (21).
Analogamente accadde nel 1767, quando, a distanza di quasi un anno da una precedente eruzione, il giorno
19 dicembre la terra incominciò a tremare anche a Napoli. Il cono della montagna si aprì verso la cima ed incominciò a menar fuori
copiosa lava, che, dopo sette giorni di ininterrotta attività, prese la direzione di S. Giorgio a Cremano, minacciando di dirigersi
verso la città. Cominciarono subito processioni e penitenze guidate dal frate Rocco Domenicano, il quale godeva di grande reputazione
tra la gente. Il simulacro di s. Gennaro fu portato fino al ponte della Maddalena (cliccare per Google Mapps) ed allora parve che
il fiume di lava si arrestasse. In memoria di questo avvenimento, all’ingresso del ponte fu installata una statua marmorea del nostro
Santo, nell’atteggiamento, con la destra, di imporre alla lava di fermarsi (22).
Rimane compatrono e protettore della
Città di Benevento.
[1] Forte N., op. cit., p. 27; Pascarella Del Basso S., op. cit. pp. 7 e 8; Sarnelli P., op. cit., pp. 20, 21 e
163.
[2] Pascarella Del Basso S., op. cit. pp. 7 e 8.
[3] Pascarella Del Basso S., op. cit. pp. 9 e 10.
[4] Ciarlanti G. V., op. cit.,
p. 161; Della Pia S., op. cit., p. 41.
[5] B. S., op. cit., vol. VI, cl. 137; Forte N., op. cit., p. 24; Grassi F., I Pastori della
cattedra di Benevento, op. cit., pp. 11 e 12; Pascarella Del Basso S., op. cit., p. 30; Rotili Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op.
cit., p. 320.
[6] De Nicastro G., op. cit., p. 32/38; Pascarella Del Basso S., op. cit., p. 30; Rotili Mario, Benevento e la Provincia
Sannitica, op. cit., pp. 313, 316 e 320; Sarnelli P., op. cit., p. 18.
[7] Sarnelli P., op. cit., p. 18; Ciarlanti G. V., op. cit.,
p. 158; Forte N., op. cit., p. 29.
[8] B. S., op. cit., cl. 141; D’Alessandro A. tip., op. cit., p. 3; De Nicastro G., op. cit., p.
50/45 (afferma che l’attuale chiesa di S. Lucia corrispondeva alla chiesa parrocchiale di S. Festo); Pascarella Del Basso S., op.
cit., pp. 29 e 31; Ciarlanti G. V., op. cit. p. 158.
[9] B. S., op. cit., vol. VI, cll. 139 e 929; Grassi F., I Pastori della Cattedra
Beneventana, op. cit., p. 12; Pascarella Del Basso S., op. cit., p. 29 (l’autrice fa intendere l’anno 331); Sarnelli P., op. cit.,
p. 18.
[10] Pascarella Del Basso S., op. cit., p. 30; Rotili Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op. cit., p. 19.
[11] Pascarella
Del Basso S., op. cit., p. 30; Rotili Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op. cit., pp. 313, 316 e 320; Treccani, op. cit.,
vol. IV, p. 714, voce Festo, santo; Sarnelli P., op. cit., p. 18.
[12] B. S., op. cit., vol. VI, cll. 141; Sarnelli P., op. cit., pp.
18, 45 e 96 (cita l’anno 825).
[13] Pascarella Del Basso S., op. cit., pp. 30 e 31.
[14] B. S., op. cit., vol. VI, cl. 141 (cita la
chiesa di S. Maria di Gerusalemme); Borgia S., op. cit., vol. III, p. 67; Ciarlanti G. V., op. cit. p. 158;. Mainolfi P. M., op. cit., p.
15; Pascarella Del Basso S., op. cit., p. 31 Rotili Marcello, op. cit., p. 179; Sarnelli P., op. cit., pp. 18, 45 e 96 (cita l’anno
825).
[15] B. S., op. cit., vol. VI, cl. 141 (cita gli anni 1154 e 1497); B. S., vol. I, op. cit., p. 51; Grassi F., I Pastori della
Cattedra Beneventana, op. cit., p. 12 (il Grassi anticipa la data all’anno 1054); Mainolfi P.M., op. cit., p. 16; Pascarella Del Basso
S., op. cit., pp. 30, 31, 33, 34, 35 e 44; Rotili Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op. cit., pp. 33, 287 e 353; Sarnelli
P., op. cit., pp. 18, 45 e 96; Vessichelli L., op. cit., p. 16.
[16] D’Alessandro A. tip., op .cit., pp. 9, 10, 11 e 14.
[17] B. S.,op. cit., vol. VI, cl. 141 (cita gli anni 1154 e 1497); B. S., vol. I, op. cit., p. 51; D’Alessandro A. tip., op .cit., p. 6 (si cita l’anno 1497 come quello della traslazione da Montevergine a Napoli); Grassi F., I Pastori della Cattedra Beneventana, op. cit., p. 12; Mainolfi P.M., op. cit., p. 16; Pascarella Del Basso S., op. cit., pp. 30, 31, 34, 35 e 44; Sarnelli P., op. cit., pp. 18, 45 e 96; Vessichelli L., op. cit., p. 16.
[18] De Nicastro G.,
op. cit., p. 5/19 e 5/20; Pietronigro A., op. cit., pp. 17 e 18; Sarnelli P., op. cit., pp. 20, 21 e 163.
[19] Forte N., op. cit.,
p. 7.
[20] B. S., op. cit., vol. VI, cll. 143, 144, 146, 147 e 148; Sarnelli P., op. cit., pp. 18 e 151.
[21] B. S., op. cit., vol.VI, cll. 143, 144, 146, 147 e 148; Bonechi, op. cit., fasc. 67, p. 114; D’Alessandro A. tip., op .cit., p. 16; Sarnelli P., op. cit.,
pp. 18 e 151.
[22] Palmieri L., op. cit., p. 26.
ACCADEVA IN QUEGL'ANNI
ANNO 272. Eolide (Asia Minore): il prefetto Rufo fa arrestare s. Quinto, accusato d’amare troppo i poveri.
Poi, però, liberato da un’ossessione demoniaca, il prefetto lo lascia libero. Non appena Rufo viene sostituito, il suo successore,
ricevuti atti d’accusa nei confronti del santo, lo invita a sacrificare formalmente agli dei. Per Quinto inizia la tortura e gli vengono
spezzate le gambe. Ma, come, se nulla sia successo Quinto continua a camminare. Davanti al miracolo il prefetto è costretto a rilasciare
il cristiano, che ancora per dieci anni percorrerà tutta l’Eolide, continuando a compiere miracoli.
ANNO 273. Roma: la regina Zenobia
di Palmira viene relegata nella villa Adriana.
ANNO 275. L’imperatore Aureliano muore.
ANNO 283. Al papa s. Eutichiano succede Caio,
d’origine dalmata e forse parente di Diocleziano.
ANNO 284. Sale al trono Diocleziano.
ANNO 285. Termina il periodo dell’anarchia militare
incominciato nel 235, durante il quale Benevento ha attraversato una fase di forte stagnazione, come, del resto, le altre città dell’impero.
Di conseguenza Inizia un periodo di grave recessione, conformemente alla situazione di decadenza. Il fatto d’essere passaggio obbligato
e di mediazione tra il versante tirrenico e quello adriatico, non riuscirà a giovare molto alla città di Benevento, che comunque continuerà
a crescere in abitanti e in estensione.
ANNO 293. Al preside della Dalmazia, Flavius Valerius Constantius (forse anche prefetto del
pretorio di Massimiano), nominato Cesare insieme a Galerio, vengono affidate la Gallia e la Britannia. Egli vincerà l’usurpatore Allecto
e a più riprese i Franchi e gli Alamanni.
ANNO 295. 20 aprile: passaggio al perielio di una cometa (la futura di Halley).
ANNO 296.
22 aprile: il papa Caio, condannato alla decollazione, termina santamente i suoi giorni. Le motivazioni del decreto sono basate sul
suggerimento che egli ha dato alla cugina Susanna di votarsi alla verginità.
30 giugno: al papa Caio succede il papa Marcellino.
Egitto:
Diocleziano vince ed uccide Achilleo, luogotenente di Lucio Domizio Domiziano, usurpatore dell’autorità imperiale in Egitto da un
anno.
ANNO 301. Un editto di Diocleziano fissa i costi dei prodotti di più largo consumo ed i salari più comuni.
Di conseguenza, premesso
che: un moggio = 17,5 litri; un sestario = ½ litro; una libbra = 333 grammi; denario = unità monetaria, si ha che:
- un moggio di grano
costa 100 denari;
- un moggio d’orzo costa 60 denari;
- un sestario di vino costa 30 denari;
- un sestario d'olio costa 40 denari;
- una
libbra di maiale costa 12 denari;
- una libbra di bue costa 8 denari;
- un paio di sandali costa 100 denari;
- un tunica costa 2.000
denari;
- un mantello costa 4.000 denari;
- il salario di una giornata di lavoro di un bracciante, con vitto, vale 25 denari;
- il salario
di una giornata di lavoro di un falegname, con vitto, vale 60 denari;
- il salario di una giornata di lavoro di un pastore, con vitto,
vale 20 denari;
- il salario di un mese di lavoro di un maestro di lettere, per ragazzo, vale 50 denari;
- il salario di un mese di
lavoro di un professore di greco e di latino, per ragazzo, vale 200 denari;
- il salario di un mese di lavoro di un maestro di aritmetica,
per ragazzo, vale 75 denari;
- il lavoro di un avvocato per eseguire una causa giudiziaria vale 2.000 denari.
- il salario di una giornata di lavoro di un fabbro, con vitto, vale 50 denari;
ANNO 303. 24 febbraio: Diocleziano, nonostante che la moglie Prisca e la figlia Valeria abbiano stretti rapporti con i cristiani, emana l’editto di persecuzione dei cristiani.Per sfuggire alle persecuzioni di Diocleziano,
s. Modestino, s. Flaviano e s. Fiorentino, partiti da Antiochia, sono giunti in finibus castri Mercuriani in loco ubi dicitur Praterium,
nei pressi della futura Mercogliano vicino ad Avellino.
ANNO 304. 1° gennaio, Roma: vengono martirizzati 30 soldato romani.
31 gennaio,
Canopo (presso Alessandria d’Egitto): muore martire, mediante decapitazione, il medico cristiano Ciro, vissuto eremita nel deserto.
Il suo corpo si ritroverà a Napoli a partire dal XVII secolo.
12 febbraio, Abitene (nei pressi di Cartagine): a seguito delle persecuzioni
di Diocleziano, la vergine Restituta, originaria di Hippo-Diarrhytus [Biserta, nei pressi di Cartagine], viene condannata ad essere
arsa viva su una barca spinta al largo affinché il mare la inghiottisca. Ma, appena dopo qualche giorno, la barca approda miracolosamente
sul lido di Aenaria (la futura isola d’Ischia), dove la matrona romana Lucina, informata in sogno da un Angelo, raccoglie il corpo
della fanciulla e provvede a seppellirlo. Le reliquie saranno successivamente trasferite a Napoli, nell'omonima basilica fatta costruire
da Costantino, ma molte città, tra cui la stessa Benevento, insieme a Lacco Ameno, Cagliari, Sora, Cassino, L’Aquila, Soissons (in
Francia), Anversa (in Belgio) e Cartagine (in Africa). La vergine, frequentatrice della casa di Ottavio Felice, arrestata, insieme
ad una cinquantina d'altri cristiani, dai soldati del proconsole romano Proclino nel corso di una celebrazione eucaristica, era stata
tradotta in carcere e sottoposta a sevizie.
15 dicembre: muore martirizzato il papa Marcellino. Seguirà una vacanza di quattro anni fino al 27 maggio del 308.