Nacque il 30 giugno 1863 ad Altavilla Irpina (Avellino), un paese a pochi chilometri da Benevento, quarto degli undici figli di Beniamino
e Degna Bruno, i quali, da buoni sposi di fede cristiana, a due giorni dalla nascita nella ricorrenza della festa della Madonna delle
Grazie, lo portarono a battezzare nella Chiesa Madre, con i nomi di Alberico, Pietro, Pellegrino [1].
Finite le elementari, suo padre,
farmacista del paese, lo scelse tra i figli per sorvegliare i lavoratori nei suoi poderi. In quel tempo, i contadini della zona incominciavano
a saggiare le briciole dei guadagni derivanti dall’estrazione dello zolfo scoperto nel sottosuolo delle loro verdeggianti colline,
purtroppo infestate dei briganti, fra cui si segnalava la banda guidata dall’altavillese Donatino Bruno, e bagnate dal sangue delle
loro vittime [2].
Riprese gli studi a quindici anni e a diciassette decise di entrare nel seminario pontificio romano dei ss. Pietro
e Paolo per le missioni estere. Così, sotto la guida del missionario pallottino d. Domenico Porrazzo, partì per Roma con altri nove
giovani. Giunto nella Città Eterna l’8 novembre del 1880, vi seguì gli studi accademici di filosofia e teologia con onore e fu ordinato
sacerdote il 4 giugno 1887. Nel frattempo, nel 1883 erano morti il padre e la sorella nel terremoto di Ischia [3].
Era appena ritornato
ad Altavilla per salutare amici e parenti prima di partire per la Cina, quando nel mese di settembre scoppiò la tremenda epidemia
di colera, propagatasi da Napoli tre anni addietro. Allora, con il consenso dei superiori, si fermò nel suo paese a soccorrere gli
ammalati. In Altavilla si contarono 103 morti e nel suo circondario un migliaio. Alberico prestò la sua opera con tanta abnegazione
e carità che si meritò una medaglia di bronzo per essersi reso benemerito della salute pubblica. Ma una ben diversa medaglia lo aspettava
in Cina! [4].
Finalmente, nell’aprile dell’anno successivo salutò per l’ultima volta i suoi compaesani, si portò a Benevento, dove
celebrò messa nella chiesa di S. Anna lungo il corso Garibaldi, raggiunse prima Roma e poi Marsiglia, da cui l’8 aprile iniziò quel
suo lungo viaggio verso la Cina, nell’intento di raggiungere alcune comunità cristiane disseminate lungo il fiume Han [5].
Al termine
del viaggio durato 132 giorni, giunse finalmente nella provincia dello Shensi meridionale nel cuore della Cina. Poi si spinse
fino a Han-yang-pin. E qui, tra molte difficoltà, compresa quella di imparare la lingua cinese, formò una comunità cristiana ed eresse
una chiesa [6].
Si diede molto da fare per aiutare i poveri, anche con denaro, e gli stette molto a cuore soprattutto salvare le bambine
abbandonate e quelle che i genitori intendevano uccidere. Sono molte le lettere in cui egli stesso menzionava la tragica sorte di
tante bambine, raccontando numerosi tristi episodi, tra cui la straziante morte di una povera neonata, gettata due volte nella latrina,
che non fece in tempo a salvare [7].
Alla costante e pressante richiesta dei fratelli e della madre di tornare in patria, resasi martellante
dopo la morte del fratello Bruno, ufficiale dell’esercito a Torino, morto suicida, rispose con fermezza:
“… Confidiamo dunque in Dio
il quale solo può salvarci da ogni disgrazia, o permetterle pel nostro meglio dandoci la pazienza, ed il merito che ne deriva, e può
solo salvarci nell’ora estrema. Chi è felice su questa terra?.... ” [8].
“… Ora io non so come il Signore vorrà disporre di me, ma
dal momento che mi dà la salute è segno che vuole che io seguiti a star qui. Se poi morirò, ci vedremo in paradiso… ” [9].
“… In qualunque
paese si viva, la Provvidenza proporziona i nostri patimenti alle nostre forze per sopportarli, e si sta meglio quando si sta dove
Dio ci vuole… ” [10].
I suoi interessi, però, non erano rivolti soltanto ai cristiani e ai catecumeni, ma anche alle scienze, alla
cultura e ai costumi sociali del popolo cinese, argomenti sui quali scrisse interessanti trattati [11].
Nel gennaio del 1900 gli furono
affidate le missioni di Mienhsien, Lioyang e Ningkiang [12].
Nel mese di marzo, su ordine di Passerini, si recò nel distretto occidentale
di Ningkiang, una zona difficile, perché distante dai centri del potere, abitata da gente orgogliosa e sotto l’influenza dei signorotti
locali [13].
Non perse tempo ad intensificare le sue opere di carità, intorno alle quali riuscì a destare un forte movimento di conversioni.
I capi avversari, però, allarmatisi seriamente, decisero d’attivare delle ripercussioni nei confronti dei cristiani, incominciando
ad escluderli dai sussidi che l’imperatore concedeva a tutti i bisognosi. Il nostro Beato allora si rivolse alle autorità riuscendo
ad ottenere i diritti di quella gente, ma, quando tutto sembrava tornato alla normalità, l’imperatore emise un editto che cacciava
gli europei e proscriveva la religione cristiana. Benché fosse stato più volte invitato a mettersi in salvo, non volle lasciare le
comunità cristiane in balia dei persecutori e si limitò a ritirarsi nella vicina cittadina di Yang-pin-kwan [14].
Il 2 giugno del 1900
arrivò a Yanzibian e qui riuscì a tirare avanti fino al 20 luglio, allorquando il capodoganiere del villaggio, Jao, trattenendolo
con la scusa che le strade erano insicure, non lo consegnò ai suoi persecutori. Costoro, appena lo ebbero tra le mani,
incominciarono a colpirlo selvaggiamente e a torturarlo per tutta la notte. Poi, sul far del giorno fu trascinato con una corda tenuta
ben legata ai piedi, fino alla riva del fiume, dove i carnefici tentarono di troncargli il capo con un coltello da foraggio. Dopo
qualche tentativo mal riuscito, la rozza lama fu usata a mo’ di sega, fino a quando il capo non fu reciso dal resto del corpo. In
quel momento il cielo, da nuvoloso qual era, si squarciò e limpidissimi raggi di luce illuminarono il suo corpo, ormai tronco, che
i carnefici si apprestarono a fare barbaramente a pezzi. I brandelli della sua carne furono buttati nella corrente del fiume Jialingma le sue acque, quasi come spinte da pietà divina, si rifiutarono di disperderli, continuando a riunirli come per ricomporli [15].
Quattro anni più tardi, nello stesso luogo, quando si stava preparando un analogo eccidio, apparve un gran numero di lumi e di soldati
in giubbe rosse e, a quella vista, i settari scapparono impauriti, desistendo dal compiere un’altra strage di cristiani [16].
Nel giorno
della proclamazione della sua beatificazione (18 febbraio 1951) il papa Pio XII ebbe a dichiarare: “Il suo sacrificio fu, umanamente
parlando, orribile, uno forse dei più atroci che la storia ricordi. Nulla è mancato, né la crudeltà dei tormenti, né la loro durata,
né le umiliazioni più barbare, né le sofferenze del cuore, né i tradimenti ipocriti di falsi amici, né i clamori ostili e minacciosi
dei sicari, né l’oscurità dell’abbandono” [17].
La sua iscrizione nell’Albo dei Santi, avvenuta il 1° ottobre 2000 per volontà del
Santo Padre Giovanni Paolo II, aprì una crisi diplomatica tra il Vaticano e la Cina [18].
[1] B. S., op. cit., vol. IV, cl. 297; De
Blasio A., op. cit., pp. 90; Tempi Nuovi, periodico cit., n. 8, ottobre 2000, p. 4;
http://www.atma-o-jibon.org/file_pdf/CRESCITELLI.pdf;
[2] B. S., op. cit., vol.
IV, cl. 297; De Blasio A., op. cit., pp. 90; Tempi Nuovi, periodico cit., n. 8, ottobre 2000, p. 4;
http://www.museodellagentesenzastoria.it/html/AltavillaIrpina.asp.
[3] Agostino
da Resina, op. cit., p. 21; B. S., op. cit., vol. IV, cl. 297; De Blasio A., op. cit., pp. 90 e 91; Tempi Nuovi, periodico cit., n.
8, ott. 2000, p. 4;
[4] http://www.atma-o-jibon.org/file_pdf/CRESCITELLI.pdf;
http://www.prolocoaltavillese.com/index.php/monumenti/70-monastero-verginia;
Agostino da Resina, op. cit., p. 21;B. S., op. cit., vol. IV, cl. 297; De Blasio A., op. cit., pp. 90 e 91.
[5] Dall’epistolario di S. Alberico, citato
da don Romano Sacchetti durante l’omelia serale del 21 sett. 2003; De Blasio A., op. cit., pp. 90 e 91; Tempi Nuovi, periodico cit.,
n. 8, ottobre 2000, p. 4.
http://www.pime.org/it/presentazione/crescit.htm;
secondo http://www.sanpellegrinom.it/santalberico.html la
partenza avvenne il 31 ottobre del 1887.
[6] B. S., op. cit., vol. IV, cl. 297; De Blasio A., op. cit., pp. 90 e 91; Tempi Nuovi, periodico
cit., Anno IV, n. 2, p. 15.
[12] B. S., op. cit., vol. IV, cl. 297; De Blasio A., op.
cit., pp. 90 e 91; Tempi Nuovi, periodico cit., Anno IV, n. 2, p. 15.
[14] B.
S., op. cit., vol. IV, cl. 297; De Blasio A., op. cit., pp. 90 e 91; Tempi Nuovi, periodico cit., Anno IV, n. 2, p. 15.
[15] http://www.atma-o-jibon.org/file_pdf/CRESCITELLI.pdf; B. S., op. cit., vol. IV, cl. 297; De Blasio A., op. cit., pp. 90 e 91; Tempi Nuovi, periodico cit., Anno IV, n. 2, p. 15.
E’ possibile che Yanzibian e Yang-pin-kwan fossero la stessa località.
http://www.sanpellegrinom.it/santalberico.html;
http://www.atma-o-jibon.org/file_pdf/p_crescitelli_foto.pdf.
[16] B. S., op. cit., vol. IV, cl. 297; De Blasio A., op. cit., pp. 90
e 91; Tempi Nuovi, periodico cit., Anno IV, n. 2, p. 15.
[17] Edizioni S. Pellegrino M, op. cit., p. 24; Tempi Nuovi, periodico cit.,Anno IV, n. 2, marzo 2000, p. 15.
ACCADEVA IN QUEGLI ANNI
AD ALTAVILLA IRPINA
ANNO 1862: a quello
di Altavilla viene aggiunto il nome “Irpina” per distinguerla da altri 4 comuni del Regno che portano lo stesso nome.
ANNO 1866: l’ing.
Lattanzi scopre l’esistenza dello zolfo nel sottosuolo del paese.
ANNO 1869: ha inizio lo sfruttamento dei vasti giacimenti di zolfo.
ANNO 1874: viene aperto l’Ufficio Postale che nel 1886 si arricchirà del telegrafo.
ANNO 1875: il fiume Sabato straripa e per la prima
volta inonda le miniere di zolfo.
ANNO 1880, 29 agosto: una forte scossa di terremoto scuote l’Irpinia. Altavilla ne esce indenne
e gli abitanti lo attribuiscono alla protezione di s. Bernardino da Siena.
ANNO 1887, mese di settembre: un’epidemia di colera provoca
la morte di 103 persone, una vera strage. Nell’occasione il palazzo comitale viene utilizzato come lazzaretto.
Fervono i lavori per
la costruzione della Ferrovia Avellino - Benevento che darà un notevole impulso all’economia di Altavilla.