Per debito pubblico s’intende la massa debitoria che uno Stato ha nei confronti di altri soggetti, individui, imprese, banche o stati
esteri che hanno sottoscritto un credito nei suoi confronti sotto forma di obbligazioni, BOT, BTP, CCT, destinati a coprire il deficit
nel bilancio pubblico.
Il debito pubblico è detto “estero” quando è contratto con soggetti economici di stati esteri, ovvero è detto
interno “interno” quando è contratto con soggetti economici interni allo stesso stato.
Ovviamente il debito pubblico di uno stato
comprende in misura variabile tutte e due le componenti.
Quando invece si parla semplicemente di “debito estero”, ci si riferisce al debito
complessivo sia pubblico sia privato nei confronti di non residenti rimborsabili in valute accettate a livello internazionale, beni
o servizi. Questi dati sono calcolati su un tasso di cambio base e non in potere d'acquisto (PPA).
Il debito può essere indicato in
valuta assoluta (in genere euro o dollari), in % su PIL o GDP (abbreviazione di Gross Domestic Product) o in debito pro-capite.
Il
bilancio di uno stato è in disavanzo o deficit quando la spesa pubblica non è tutta coperta dalle entrate.
Viceversa, si parla di surplus
o avanzo pubblico quando le entrate superano le spese.
L’avanzo va distinto dall’avanzo primario, che rappresenta la differenza tra
le entrate e le uscite al netto della spesa per gli interessi sul debito pubblico.
Il disavanzo del 2010 ha raggiunto quota 3,29 %
del PIL, a occhio e croce una quarantina di miliardi di euro.
L’attuale crisi italiana è attribuita soprattutto all’impietoso aumento dell’enorme debito pubblico.
Nel mese di dicembre 2011 questo
debito era di 1.897.900 milioni di € e viaggiava intorno al 120% del PIL. [1]
Eravamo sull’orlo del baratro!
Dopo cinque mesi, alla
fine di aprile del 2012, il debito ha raggiunto il nuovo record di 1.948.584 di milioni di euro e sta viaggiando oltre il tetto del
124 % del PIL: valori mai raggiunti fino ad ora. [2]
Dovremmo essere già caduti dentro il baratro!
Invece NO, non ci siamo ancora caduti!
Monti
lo spiega così: «Ci siamo spostati dall'orlo del precipizio, solo che il cratere del precipizio si sta allargando e siamo di nuovo
in una crisi che ci sta rincorrendo». [3]
Per conto mio non sono incantato dalle figure allegoriche della crisi che ci rincorre e dell’orlo
del precipizio che, allargandosi, ci costringe a fare dei passi indietro per non caderci dentro.
Più semplicemente ritengo che a dicembre
non eravamo affatto sull’orlo del baratro ma che, piuttosto, ci stiamo avvicinando ad una catastrofe economica raramente vissuta prima
di adesso.
Da qualche anno il paese è diventato progressivamente più povero e da dicembre, nonostante il decreto salva-Italia, la
situazione è peggiorata.
Con le liberalizzazioni di gennaio, il PIL sarebbe dovuto aumentare del 10% ma invece è ulteriormente diminuito. [4]
In
compenso siamo diventati tutti più colti: abbiamo imparato cosa sono lo spread, le agenzie di rating, il fiscal compact e, per ultimo,
lo spending review. [5]
E la crescita?
Per adesso dobbiamo accontentarci di quella del debito pubblico, perché la crescita economica
non dipende dal governo ma “deriva dalle peculiarità culturali degli Italiani”.
Non lo dico io, lo afferma Monti:
“… Ma credo che
non basterà poco tempo, per quanto possano essere brillanti i governi che succederanno a quello attuale, ai quali andrà grande parte
del compito di costruire la crescita dell’Europa, perché la nostra scarsa crescita deriva da peculiarità culturali del nostro Paese…”. [6]
Io invece mi vado sempre più persuadendo che la crescita economica è praticamente bloccata dai persistenti diktat della BCE e dell’Unione
Europea sull’austerità, sul pareggio di bilancio e sulle riforme strutturali, che il nostro debito pubblico non scenderà più e che
esso sarà matematicamente inestinguibile.
E a dire che la BCE, per statuto, non può interferire sulla politica dei singoli Stati! [7]
Tanto
più che non sono d’accordo nemmeno LORO.
Draghi: "… Servono misure strutturali per la crescita in Europa”. [8]
Monti le questua
e le insegue ma non ne è molto convinto: “… Non aspettiamoci troppo da riforme strutturali come quella del lavoro, come dimostra l'esperienza
americana”. [9]
L’opinione che il debito sia ormai aritmeticamente inestinguibile è sostanzialmente sostenuta anche dal noto politogo
statunitense Eduard Luttwak, che senza mezzi termini invita ad una seria riflessione sull’uscita dell’Italia dall’euro: “… Alcuni
governanti dei Paesi dell'Europa del sud sono ossessionati dall'idea di farsi accettare da Francia e Germania e per questo stanno
sacrificando i loro figli per rimanere nel club della moneta unica”. [10]
Insomma, accanirsi a voler risolvere la crisi del debito
pubblico con politiche di austerità è un vero e proprio suicidio. Lo dimostrano le ultime vicende della Grecia.
Ma NO, stiamo pure
tranquilli, i buoni europeisti ci rassicurano che l’Italia non è la Grecia! [11]
Basta curarla come la Parmalat. [12]
E meno male che
la Grecia, saggiamente, ha rotto con la Troika decidendo di assumere 70.000 dipendenti pubblici. [13]
Intanto il nostro debito pubblico
cresce e, per pagare gli interessi agli investitori stranieri (i nostri benefattori, quelli che a scadenza ci riprestano il nostro
stesso denaro) ogni anno dal lenzuolo monetario italiano spariscono un centinaio di miliardi di euro, definitivamente strappati dal
circuito monetario famiglie-imprese.
Ogni anno mancano all’appello oltre 1.000 euro pro capite.
Di conseguenza i consumi si riducono,
la quantità di beni e servizi prodotti cala e la recessione aumenta.
CRESCITA ECONOMICA, addio!
Ma che dico? Nessuna paura: ci salveranno
il pareggio di bilancio e le riforme strutturali!
Ed ecco che ogni volta che i mercati barcollano, alto risuona il richiamo all’urgenza
delle riforme strutturali!
Ma cosa si chiede, in fin dei conti, con queste benedette riforme strutturali?
Mi va di credere che con le
riforme strutturali, con la scusa di combattere gli sprechi e far migliorare il funzionamento dello Stato, si chiede agli italiani,
cotti a fuoco lento sulla brace delle continue crisi, di rinunciare un po’ alla volta a pezzi di benessere conquistati con sudore
nei decenni.
Nei fatti, ogni riforma strutturale è un cedimento della sovranità nazionale ad un Europa fondata sul solo valore dell’euro
e che per essere concretizzata ha bisogno di continui momenti di crisi.
In tal senso, poiché se non ci fossero momenti di crisi non
ci sarebbe bisogno di nessuna riforma strutturale, mi andrebbe di pensare che le crisi siano funzionali alle riforme strutturali che
dovrebbero servire a realizzare un nuovo modello europeo di lavoro e società.
Provate a capire voi cosa ha affermato Monti nell’intervista
sopra riportata che sta facendo il giro del WEB.
Sarebbe sconvolgente, però, pensare che i nuovi modelli di lavoro e società che, per
il nostro bene, altri starebbero inseguendo per noi, sarebbero quelli dei paesi emergenti, come la Cina e l’india! [14]
[2] http://www.bancaditalia.it/statistiche/finpub/pimefp/2012/sb24 pg.
16.
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=print&sid=10233...
http://it.wikipedia.org/wiki/File:GDP_EU_TOP_5.svg …
http://stats.oecd.org/Index.aspx?DataSetCode=SNA_TABLE1 …
Il
PIL nel mese di marzo 2012 era fissato intorno a 1.550 miliardi di Euro
[6] http://mobile.ilsole24ore.com/sole24orem/post/99?url=Abvx6jWF
http://www.youtube.com/watch?NR=1&v=XV-olGscer4&feature=endscreen
[7] http://www.ecb.int/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf art. 7 dello statuto pg. 2
Si legge infatti nell’art. 7 dello suo statuto:
“Né la BCE, né una banca centrale nazionale, né un
membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai
governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni e gli organi comunitari nonché i governi degli Stati membri
si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle banche
centrali nazionali nell'assolvimento dei loro compiti.”
[9] http://mobile.ilsole24ore.com/sole24orem/post/99?pagina=2&url=Abvx6jWF
[10] http://www.adnkronos.com/IGN/News/Economia/Luttwak-La-crisi-
Più
recentemente Luttwak ha voluto specificare che non ce l’aveva con l’Italia.