L’accisa è un’imposta indiretta sulla fabbricazione e sul consumo, che colpisce singole produzioni e singoli consumi.
Le accise più
note in Italia sono relative ai prodotti energetici, all'energia elettrica ed agli alcolici.
A differenza dell’IVA, che incide sul
valore, l'accisa è un'imposta che grava sulla quantità dei beni prodotti.
Il ricorso alle accise è servito spesso a reperire fondi
o entrate pubbliche straordinarie, ma una volta decise non sono mai state rimosse dopo il raggiungimento dello scopo.
L’accisa, a differenza dell’IVA, che incide sul valore, è un'imposta indiretta che grava sulla quantità dei beni prodotti.
Cosicché,
mentre l'IVA è espressa in percentuale del valore del prodotto, l'accisa si esprime in aliquote rapportate all'unità di misura del
prodotto.
Nel caso degli alcolici, l'aliquota fiscale è rapportata all'unità di volume al netto dell'acqua, che è detto litro anidro
(ad esempio, una bottiglia da ¾ di litro di cognac a 30° contiene 0,75x30:100 = 0,225 litri anidri).
Nel caso dei gas, come ad
esempio il GPL e il metano, l'aliquota è rapportata al metro cubo.
Sull'energia elettrica l’aliquota è rapportata al kWh (chilowattora).
L'accisa
viene considerata parte integrante del valore dei prodotti e perciò su di essa si fa gravare anche l'IVA.
Il gettito delle accise è
fondamentale per il sistema fiscale interno degli Stati membri della Comunità Europea, in quanto costituisce una parte rilevante delle
entrate di ogni singolo Paese, i quali, nel rispetto di una certa disciplina di vincoli, garanzie e depositi fiscali, sono lasciati
abbastanza liberi di regolamentare.
Dal 1° gennaio 2005 è in vigore la regolamentazione comunitaria dei testi normativi in materia
di accise dei 25 Stati membri.
Parte dell'elenco delle accise in Italia sulla benzina è il seguente:
· 1,90
L. per il finanziamento della guerra di Etiopia (1935);
· 14 L. per il finanziamento
della crisi di Suez (1956);
· 10 L. per il finanziamento del disastro del Vajont (1963);
· 10
L. per il finanziamento dell'alluvione di Firenze (1966);
· 10 L. per il finanziamento
del terremoto del Belice( 1968);
· 99 L. per il finanziamento del terremoto del Friuli
(1976);
· 75 L. per il finanziamento del terremoto dell'Irpinia (1980);
· 205 L. per il finanziamento della guerra del Libano (1983);
· 22 L. per il finanziamento
della missione in Bosnia (1996);
· 39 L. per il rinnovo del contratto degli autoferrotramvieri
(2004);
· 4 c€ per far fronte all'arrivo di immigrati dopo la crisi libica del (2011);
· 8,2 c€ per il decreto "Salva Italia" nel dicembre (2011).
La somma di queste voci dovrebbe fornire una tassazione di 485,90
L. (ossia 25,1 c€) per ogni litro di benzina acquistato, ma in realtà con il DL 16/2005 viene fissata a 564 € l'imposta accisa
per ogni mille litri di benzina e a 413€ per ogni mille lire di gasolio.
Quindi, su un litro di benzina che alla pompa
costasse 1,6 € al litro, graverebbero 26,6 c€ di IVA e 56,4 c€ circa di accise. In totale lo Stato, tra IVA e accise intasca
tramite la sua Tesoreria 83 c€, che in parte vanno alle Regioni.
Ma in realtà questo benedetto Stato non si limita ad intascare su
un litro di benzina “solo” 0,83 €, perché pretende da tutti i singoli intermediari una percentuale di circa il 30% sui guadagni (IRPEF
ed IRES), che vengono ipotizzati intorno al 25% del valore iniziale del prodotto prima di essere sottoposto alle tassazioni delle
accise e dell'IVA. Questa percentuale ammonterebbe quindi a 0,25 x 0,30 x (1,6 - 0,83) = 6 c€ circa. Quindi solo di tasse
ed imposte lo Stato incassa 83 +6 c€ = 0,89 €.
Sembrerebbe a questo punto che lo Stato non pretenda più nulla sui rimanenti 71
centesimi di €uro. Invece non è così, perché ad ogni passaggio di denaro dovuto ad un acquisto di beni o servizi fatto con
questi 71 centesimi di €uro, lo Stato pretende ancora il 20 % di IVA (12 c€) ed un 25% circa di IRPEF o IRES sui guadagni dei produttori dei beni e servizi acquistati (qualche altro centesimo). E così via sulle rimanenti parti di quell’ 1,6
di €uro che è costato un litro di carburante.
In una serie non molto lunga di passaggi, lo Stato si comporta, quindi, come un’insaziabile
macchina che piglia e mangia tutto, tranne quello che fuoriesce dal circolo vizioso produzione-consumi e che, naturalmente appartiene
solo ai ricchi (ovvero i ricchissimi), che in questo marasma generale sono gli unici a fare veramente la pacchia.
Rimane comunque
da chiedersi come mai, benché ci sia una differenza di 15,1 c€ tra l'accisa sulla benzina e quella del gasolio, il prezzo di
quest'ultimo abbia ormai raggiunto quella della benzina.