Daufer (Dauferio, Deuferio) fu il suo nome di nascita (poi cambiato in Desiderio) e beneventani furono i suoi natali,
avvenuti nell’anno 1027 (1).
Figlio unico di una nobile famiglia degli Epifania (discendenti diretti di principi longobardi, ex nobilissima Beneventanorum Principum origine sanguinis lineam ducens), sin da giovanetto manifestò di essere portato per la vita monastica, disinteressato alle cospicue nozze che i genitori gli preparavano per assicurarsi una discendenza. Dopo la morte del padre ucciso dai Normanni, una sera dell’anno 1047 montò a cavallo e si fece accompagnare dal monaco Giacinto alla chiesa di S. Pietro extra mœnia, sulla sponda sinistra del fiume Sabbatus. Qui, dopo aver consegnata la spada ai suoi servi, entrò per la porta principale e ne uscì da una porticina secondaria, continuando a piedi per l’eremo di Santari, ad otto miglia dalla Città.
Ma fu ben presto riportato a casa (2).
Desiderio con il modello della chiesa di Sant’Angelo in Formis |
Dopo qualche tempo scappò
di nuovo con l’aiuto di Siconolfo, il preposito del monastero di S. Sofia, che lo accompagnò fino a Salerno, implorando il patrocinio
del principe Guamario IV, suo parente. Costui acconsentì che rimanesse nel monastero di Cavea metiliana (Cava dei Tirreni), dove fu
discepolo per qualche tempo del suo fondatore, l’abate s. Alferio, fino a quando non intervenne il principe di Benevento, Landolfo
VI, che lo accompagnò nel monastero di S. Sofia, dove prese il nome di Desiderio. E qui rimase per qualche anno sotto la guida spirituale
dell’abate Gregorio. Dopo qualche anno ottenne di andare nel Monastero della Cava dedicato alla Nostra Donna, nell’isola di S. Niccolò
delle Tremiti, in mare Adriatico, fino a quando, venuto a sapere che l’abate di quel monastero stava pensando di farlo nominare abate
al suo posto, con una scusa si fece accompagnare a Chieti, presso il conte Trasimondo, la cui moglie era sua parente. Da qui si spostò
sul monte della Maiella, in compagnia di certi buoni eremiti che menavano vita molto austera, ma per ordine del papa Leone IX (1049-1054)
dovette ben presto fare ritorno nel monastero di S. Sofia. Entrato poi nel monastero di Montecassino, nel 1049 fu creato cardinale
dei ss. Sergio e Bacco dallo stesso papa (3).
Dopo essere stato a Firenze dal papa Vittore II (1055-1057) in compagnia del chierico
di Salerno, s. Alfano (futuro vescovo), ottenne il governo del Monastero benedettino di Capua, dove compì un primo significativo
e realistico gesto di solidarietà con i conquistatori Normanni. Nel 1057 ricoprì la carica d’abate del monastero di S. Sofia di Benevento.
In quell’anno la Città subì un grosso incendio, che distrusse buona parte della Civitas Nova (il Triggio) ed il Signore, a gloria
di s. Mercurio, operò un miracolo ridando la salute ad un monaco del Monastero (4).
Il 19 aprile dell’anno 1058, successe nella carica
d’abate di Montecassino al cardinale Federico di Lorena, suo amico, nominato papa con il nome di Stefano X. Con Desiderio si ebbe
la più alta produzione di testi o di trascrizioni in scrittura beneventana ed il Monastero, che in quegli anni si trovava in pessimo
stato, raggiunse in poco tempo il suo massimo splendore (5).
Nominato Cardinale del titolo di S. Cecilia da Nicolò II il 6 marzo dell’anno
1059, non smise la sua opera di mediazione tra la Chiesa ed i Normanni. Principalmente a lui e ad Ildebrando di Soana (Gregorio VII,
1073-1085) si deve la conclusione dell’alleanza tra i principi normanni e Nicolò II, con il relativo vassallaggio alla Chiesa, che
seguì al concilio di Melfi (6).
Il 21 marzo dello stesso anno, Pandolfo III (suo parente), prendendo il nome di Roffrido, si ritirò
nel Monastero di S. Sofia, per vestire il sacro abito benedettino, lasciando al governo il figlio Landolfo VI ed il nipote Pandolfo
IV, a lui associato dal 1056 (7).
Nel mese d’agosto, il papa Niccolò II (1059-1061), per consacrare come primaria la sua autorità,
con il pretesto di dirimere una controversia tra l’abate di S. Vincenzo al Volturno e un conte longobardo, celebrò un Concilio nella
chiesa di S. Pietro extra moenia, sulla riva sinistra del Sabato. Al Concilio parteciparono il nostro Desiderio, come abate di Montecassino,
l’Arcivescovo di Benevento Ulderico, il cardinale Ildebrando, il principe Landolfo VI di Benevento, l’arcivescovo Pietro d’Amalfi,
s. Alfano di Salerno, ed i duchi Sergio di Napoli e Giovanni di Sorrento. Durante il Concilio, Alberto Monaco venne scomunicato, spogliato
del suo ministero e posto sotto la correzione dell’abate di S. Vincenzo, in quanto ritenuto intruso nella badia di S. Maria in Castagneto,
spettante a quella di S. Vincenzo sopra il Volturno (8).
Amico del b. Pietro Damiano, Cardinale, che spesso andava a trovarlo a Montecassino,
lodando le sue virtù, nello stesso anno fu portato alla dignità di Prete cardinale del titolo di S. Cecilia, di Legato Apostolico
con pieni poteri nella Terra di Lavoro, Puglia, Principato e Calabria (9).
Il 1° ottobre del 1071, per consacrare la nuova chiesa con grande solennità, riuscì a convocare a Montecassino
alla presenza del papa Alessandro II, una numerosissima folla di laici ed ecclesiastici, dieci Arcivescovi, quarantaquattro vescovi,
il principe Riccardo di Capua, il principe Gisulfo di Salerno, il principe Landolfo VI di Benevento ed il duca Sergio di Napoli (10).
Il due agosto dell’anno 1073 era di nuovo a Benevento insieme a quattro cardinali al seguito di s. Gregorio VII (1073-1085), impegnato
ad affermare la superiorità del pontefice su ogni autorità terrena e definire il nuovo assetto dell’Italia Meridionale con Roberto
il Guiscardo, che s’era precipitato alla conquista di Benevento senza ottenere grandi successi, in quanto la Città s’era dimostrata
ben difesa dai suoi abitanti e dalle truppe ausiliare del principe Giordano di Capua. Il giorno dodici di quel mese d’agosto era sicuramente
nel Sacrum Palatium quando Landolfo VI firmò con s. Gregorio VII la constitutio (una convenzione), con la quale veniva sancito
che il principe avrebbe perso la sua dignità se, in qualche modo, avesse tentato di recar danno alla publicam rem beneventana o di
modificarla senza il volere della Santa Sede o dei suoi rappresentanti. Era la capitolazione longobarda ed il trionfo del movimento
cittadino. La gestione della publica res veniva affidata al nutum pontificis e di conseguenza nessun mutamento era ammesso senza l’autorizzazione
papale. Il potere del principe Landolfo, divenuto, nei fatti, vassallo della Chiesa, si era ridotto alle funzioni di Rettore. Da quell’anno,
che vide un grave incendio nel quartiere di Porta Rufina, il Chronicon S. Sophiae incominciò a segnare le date con il nome del papa
al fianco di quello del principe. Nello stesso anno fece edificare la chiesa di Sant’Angelo in Formis a Capua (11).
Nell’anno 1082,
quale intermediario tra la chiesa e l’impero, attuando la sua politica pacifista contro le direttive di Gregorio VII, promise ad Enrico
IV l’incoronazione imperiale (12).
Per questo suo continuo prodigarsi per la pace anche con i Normanni, fu mal visto dallo stesso papa.
Ma, proprio a causa del suo continuo impegno, in quell’anno, i Normanni, dopo aver posto diverse volte l’assedio alla città di Benevento,
da nemici acerrimi che erano del papa, divennero, per un po’ di tempo, i loro più fedeli difensori (13).
b. Vittore III, papa (1027-1086-1087) |
Quando nel 1085 il papa Gregorio VII terminava santamente i suoi giorni a Salerno, il nostro Desiderio era al suo capezzale. Dopo un anno d’incertezze ed osteggiato da Giordano di Capua, nonostante una sua palese reticenza, il 24 maggio dell’anno successivo, alla vigilia di Pentecoste, fu eletto papa con il nome di Vittore III e gli fu fatta indossare la cappa rossa. Amareggiato per la ferma opposizione dei Gregoriani, pur prescelto dal suo predecessore insieme a s. Anselmo di Lucca, Oddone d’Ostia e Ugo di Lione, qualche giorno dopo la sua elezione, dopo aver deposto, a Terracina, la Croce, il Manto e le altre insegne pontificali, si ritirò a Montecassino. Dopo quasi un altro anno di incertezze, nel concilio di Capua del 21 marzo del 1087, accettò la riconferma ed il 9 maggio (la domenica successiva all’Ascensione) venne consacrato pontefice a Roma, liberata ad opera dei Normanni dal potere di Clemente III (14).
Dieci
anni prima, nel 1077, con la morte di Landolfo VI, i Longobardi avevano terminato il loro dominio militare in tutta l’Italia Meridionale.
Ora, con l’elezione di Vittore III, essi concludevano la trasformazione dei loro cuori, ormai aperti alla conquista di un nuovo Regno,
quello di Dio.
Assunto il nome di Vittore III, mandò subito in Africa un esercito a combattere i Saraceni, la cui sconfitta gli fu
miracolosamente annunziata in giornata da un Angelo del Signore (15).
Quasi obbligato a sfuggire alle fazioni scismatiche dell’antipapa
Guiberto (Clemente III) e dell’imperatore, che avevano ritrovati forti sostenitori a Roma, nel mese d’agosto del 1087, accompagnato
da più vescovi e cardinali, venne a Benevento, e qui il 29 agosto tenne un Concilio, durante il quale condannò fermamente il nicolaismo,
riconfermò i princìpi della riforma ecclesiastica sostenuti dal suo predecessore, lanciò la scomunica al suo oppositore Clemente III,
condannò le investiture laiche, rese nulle le elezioni simoniache e condannò gli estremismi dei gregoriani Ugo (Ugone, arcivescovo
di Lione, l’altro papabile alla morte di Gregorio VII) e Riccardo, abate di Marsiglia (16).
Ma, durante i lavori di questo
Concilio si ammalò e, fattosi portare a Montecassino, lasciò questa terra il 17 del mese di settembre, in fama di santità attestata
dal Signore Iddio con vari miracoli. Sul letto di morte, ebbe il tempo di raccomandare ai cardinali che gli erano intorno il vescovo
di Ostia e di Velletri, Ottone (Oddone di Lagery), che poi venne eletto l’8 marzo dell’anno successivo (17).
Le sue spoglie sono custodite
nella basilica dell’abbazia cassinense, dove i monaci benedettini gli dedicarono una delle quattro cappelle riccamente decorate di
marmi policromi (18).
(1) Mammarella L. op. cit., p. 24; Sarnelli P., op. cit., pp. 7, 9 e 79; Specchio del Sannio, periodico
cit.,18/5/94, p. 4.
(2) Borgia. S., op. cit., vol. I, pp 250 e 251 (per aver perso il padre all’età di 20 anni, si esclude che potesse
essere stato figlio di Pandolfo III); Ciarlanti G. V., op. cit., p. 261; Mammarella L. op. cit., p. 24; Sarnelli P., op. cit., pp.
7, 9 e 79; Specchio del Sannio, periodico cit.,18/5/94, p. 4.
(3) Arcidiocesi di Benevento, op. cit., p. 35; B. S., op. cit., cl. 831;Borgia S., op. cit., vol. I, p. 252; Ciarlanti G. V., op. cit., p. 261; Sarnelli P., op. cit., pag. 7; Specchio del Sannio, periodico,
18/5/94, p. 4; Treccani, op. cit., vol. XII, p. 825, voce Vittore III, beato.
(4) Borgia S., op. cit., vol. I, p. 230; Specchio del
Sannio, periodico, 18/5/94, p. 4; Treccani, op. cit., vol. XII, p. 825, voce Vittore III, beato; Rotili Marcello, op. cit., p. 134.
(5)Arcidiocesi di Benevento, op. cit., p. 35; Borgia S., op. cit., vol. I, p. 254; Cassinese ed., Abbazia di Montecassino, op. cit.,
p. 2; Romano F., Benevento tra mito e realtà, op. cit., vol. 1, p. 36; Rotili Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op. cit.,
pp. 42 e 371.
(6) Bignami E., op. cit., parte I, p. 98; Borgia S., op. cit., vol. I, p. 255; Rotili Mario, Benevento e la Provincia
Sannitica, op. cit., p. 371; Sarnelli P., op. cit., pp. 7 e 8;.Specchio del Sannio, periodico, Sanniti da ricordare, n. 520 del 18/4/94,
p. 4.
(7) Borgia S., op. cit., pp. 8, 9, 10 e 11; Rotili Mario, op. cit., p. 39. Sarnelli P., op. cit., p. 84.
(8) Grassi F., I Pastori
della Cattedra Beneventana, op. cit., pp. 22 e 51; Petroccia D., op. cit., p. 77 (secondo il Petroccia la chiesa dove si tenne il
concilio fu quella di S. Marciano, sulla riva destra del Calore); Rotili Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op. cit., p. 39;
Sarnelli P., op. cit., pp. 78 e 79;Vergineo G., Storia di Benevento e Dintorni, op. cit., vol. I, pp. 159 e 193.
(9) Ciarlanti G.
V., op. cit., p. 262.
(10) Borgia S., op. cit., vol. I, p. 255; Ciarlanti G. V., op. cit., p. 267; Sarnelli P., op. cit., p. 80; Rotili
Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op. cit., pp. 39, 40 e 371 (Il Rotili cita il 6 ottobre).
(11)Borgia S., op. cit., vol.
II, pp. 62 e 63; Ibidem, vol. III, pp. 14 e 15; Ciarlanti G. V., op. cit., p. 267; Pugliese Carratelli G., op. cit., p. 57; Raia C.,
op. cit., p. 40 (data fissata al 1075);Romano F., Benevento tra mito e realtà, op. cit., vol. 1, p. 38. Rotili Marcello, Benevento
Romana e Longobarda, op. cit., p. 134.
(12) Rotili Mario, Benevento e la Provincia sannitica, op. cit., p. 371; Treccani, op. cit.,
vol. XII, p. 825, voce Vittore III, papa.
(13) Ciarlanti G. V., op. cit., p. 267.
(14)Arcidiocesi di Benevento, op. cit., p. 35; B.
S., op. cit., vol. II, cl. 32; Borgia S., op. cit., vol. II, pp. 109 e 111; Romano F., Benevento tra mito e realtà, op. cit., p. 38;Ciarlanti G. V., op. cit., pp. 29, 268 e 271;Sarnelli P., op. cit., p. 9; Rotili Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op. cit.,
p. 372; Treccani, op. cit., vol. XII, p. 825, voce Vittore III, papa.
(15) Ciarlanti G. V., op. cit., pp. 29, 268 e 271; Romano F.,
Benevento tra mito e realtà, op. cit., p. 38; Sarnelli P., op. cit., p. 9; Rotili Mario, op. cit., p. 372; Treccani, op. cit., vol.
XII, p. 825, voce Vittore III, papa.
(16) Arcidiocesi di Benevento, op. cit., p. 35; Borgia S., op. cit., vol. II, pp. 108, 109 e 112;Ciarlanti G. V., op. cit., pp. 268 e 270; Rotili Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op. cit., pp. 43 e 372; Sarnelli P., op.
cit., p. 85
(17) Arcidiocesi di Benevento, op. cit., p. 35; Borgia S., op. cit., vol. II, pp. 113 e 114 (secondo il Borgia ed il Calendario
della S. Chiesa di Benevento, Vittore III morì il 16 settembre); Ciarlanti G. V., op. cit., pp. 268 e 270; Sarnelli P., op. cit.,
p. 85.
(18) Grassi F., I Pastori della Cattedra Beneventana, op. cit., 51, Sarnelli P., op. cit., p. 85; Rotili Mario, Benevento e la Provincia Sannitica, op. cit., pp. 43 e 372.